O del perché in Italia i
cittadini spendono meno di quel che vorrebbero
(pubblicata anche su http://www.arezzonotizie.it/blog_redazione/lorsignori-linflazione-auspicata-deflazione-temuta/)
Molte pagine sono state ultimamente occupate dalla diatriba sull’inflazione
e su di un presunto pericolo di deflazione che, qualora si verificasse, addurrebbe
infiniti lutti agli europei come l’Achille della traduzione montiana dell’Iliade.
Piccola ma forse non inutile divagazione: per quelli che abbiamo denominato
Lorsignori, tuttologi portatori della sola cultura da Wikipedia, erede moderna ma
ben peggiore di quella da Bignami, si tratta qui di Vincenzo, non di Mario.
Consolerà forse Lorsignori sapere che anche l’autore non conosceva il greco e
tradusse l’Iliade da una traduzione latina, tanto che per questo Foscolo lo
apostrofò col titolo ironico di ‘traduttore dei traduttori’ che ricorda il
superlativo aramaico (e. g. ‘Re dei re’) ma in questo caso s’intendeva in senso
letterale.
Tornando però al tema dell’inflazione, non sorprende troppo che qualcuno si
sia allarmato alla lettura dell’andamento dei prezzi, soprattutto perché è
evidente che chi lo ha fatto si è limitato a leggere la prima riga del dato
senza scendere a guardarne le componenti, ovvero senza brigarsi di comprendere
quali fossero i prezzi in discesa.
Ebbene il motivo principale per cui i prezzi scendono, almeno per ora, è la
diminuzione dei prezzi dell'energia, che l'area Euro, e ancor più l'Italia, per
lo più importa. Questa diminuzione si riverbera nella diminuzione dei costi di
trasporto e quindi anche di altri generi, particolarmente quelli alimentari sui
quali il trasporto incide maggiormente.
Trovandosi a spendere meno per le necessità non è logico che le famiglie
rinviino le intenzioni d'acquisto (aumenta la disponibilità per spesa
discrezionale). E infatti non lo stanno facendo, guardando i dati di fiducia
dei consumatori. Che poi la BCE non possa ammettere apertamente di intervenire
sui cambi e debba trovare la scusa del pericolo deflazionistico è altra cosa.
Che alcuni commentino su fenomeni che chiaramente comprendono poco (l'economia
monetaria è materia molto complessa) allarmando se stessi ed altri, invece, fa
sinceramente pena.
Il motivo per cui gli italiani non spendono quanto vorrebbero semmai, oltre
all'aumento della pressione fiscale che, checché ne dicano i politici di turno,
è ancora in corso come anticipato su queste colonne (http://www.arezzonotizie.it/art_generi/art_economia/gli-aggiustamenti-pil-moltiplicatore-inceppato/),
è che gli italiani non capiscono più quanto dovranno pagare per i servizi
essenziali (scuola, sanità etc.) dati i continui aumenti di ticket e balzelli
vari. Questo crea un'incertezza che porta alla compressione della spesa
discrezionale. Se le famiglie non sanno quanto dovranno spendere per i servizi
essenziali, ovviamente spendono di meno e tengono i soldi 'sotto il materasso'.
Altra osservazioni interessante è che sia i costi in riduzione che le
incertezze in aumento colpiscono più duramente le famiglie con redditi bassi, che
dedicano alle spese per cibo e per trasporti una parte maggiore del loro
reddito, e medio-bassi, considerate dallo Stato ricche abbastanza da pagare i
servizi essenziali.
Per inciso le fasce di reddito basse e medio-basse sono anche quelle con
propensione al consumo più alta.
La politica delle imposte, soprattutto sulla benzina, colpisce quindi i più
poveri e fa fermare la spesa discrezionale, vero motore dell’economia che
permetterebbe una ripresa dei consumi interni e quindi dell’occupazione. Lo
Stato si è effettivamente sostituito al cittadino nelle decisioni d’acquisto,
rendendo tra l’altro servizi sempre meno adeguati alle tasse pagate.
Tutto questo mentre i fondamentali economici mondiali migliorano e il
fenomeno del reshoring (ritorno delle attività domiciliate all’estero per
motivi di costo) è già in corso negli Stati Uniti, anche grazie ad una politica
energetica che pare renderà gli USA indipendenti da forniture estere nei
prossimi anni, ma anche in Europa. Questo è un treno che passa ogni 20-30 anni:
se l’Italia non rende meno difficile la vita ai produttori di ricchezza lo
perderà e rischierà il collasso mentre nell’Eurozona la disoccupazione risulta
già in calo, seppur leggermente, e sia USA che Gran Bretagna sembrano ormai
avviate verso una ripresa sostenibile.
Per approfondire:
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