Spesso c’è più verità nei classici, magari per bambini, che in
molti libri ‘seri’, ammesso che si sappia leggerli, i classici.
Molti ricorderanno il famoso capitolo di Pinocchio in cui
questi, ammalato, si rifiutava di prendere la medicina perché amara. Questo può
essere equiparato alla situazione dell’Italia che, non accettando di aumentare
la produttività né di ridurre la spesa, vuole un po’ di zucchero per
convincersi a bere la medicina troppo amara. Lo zucchero può essere equiparato
a nuovo debito, ma anche ad una bella svalutazione competitiva.
Il modello che Lorsignori additavano come quello da seguire
per un’uscita dell’Italia dall’Euro, ovvero l’Argentina, è crollato, travolto
dalle menzogne sul tasso d’inflazione propagate dal Governo Questo dopo che l’inflazione
era andata abbondantemente fuori controllo (chiaro ora?) a seguito di politiche
monetarie sconsiderate volte proprio alla svalutazione imposte dallo stesso
Governo che controlla da tempo la Banca Centrale. Speriamo che adesso chi aveva
dubbi sul motivo per cui le Banche Centrali devono essere indipendenti abbia
finalmente compreso.
Ora dev’essere chiara una cosa: chi svaluta la propria
moneta stampandola crea, ovviamente, inflazione.
Per evitare che questa vada fuori controllo non c’è che una
strada: far sì che i salari reali salgano meno dell’inflazione stessa. Questo
significa che i lavoratori si ritrovano a poter comprare meno con i loro salari
di quanto non potessero fare prima della svalutazione.
Se qualcuno trova la differenza tra questo e un abbassamento
dei salari nominali con inflazione costante o quasi (svalutazione interna) o è
bravissimo, e allora faccia almeno un esempio di Paese che abbia, grazie ad una
svalutazione competitiva, creato ricchezza e posti di lavoro senza che l’inflazione
aumentasse più dei salari o, più probabilmente, non ha capito di cosa si parla.
Nel secondo caso è probabilmente un giornalista con laurea in lettere o in ‘scienze’
politiche che finge di essere un economista. In televisione ultimamente se ne
vedono un paio, chiamati spesso ideologi di una parte di Lorsignori (non tutti
gli appartenenti a questa categoria infatti votano per lo stesso partito,
movimento o gruppo bocciofilo che dir lo vogliano).
La differenza tra un abbassamento dei salari reali
attraverso l’inflazione e un abbassamento del salario nominale consiste solo
nel fatto che la maggior parte della gente nel primo caso non ci fa caso. C’è
una storia abbastanza nota della rana e dell’acqua bollita. Se mettiamo una
rana nell’acqua bollita, questa salta e se ne va; se invece mettiamo la rana
nell’acqua tiepida e poi accendiamo il fornello, questa si abitua pian piano
alla temperature sempre più alte e finisce bollita. Questa sorte sarebbe quella
che Lorsignori riserverebbero agli italiani, a meno che naturalmente non
vogliano seguire la strada del loro modello argentino, con inflazione, povertà
e delinquenza in aumento vertiginoso.
Signori: se ancora non fosse stato chiaro bisogna prendere
la medicina delle riforme strutturali, diminuendo drasticamente la burocrazia
che rende impossibile creare ricchezza e difende, effettivamente, solo chi è
già nel mercato, con la scusa di proteggere posti di lavoro che alla fine vanno
persi lo stesso, o per l’aumento di burocrazia e tassazione o per l’incompetenza
gestionale degli amici degli amici, che se fossero in grado di competere non
avrebbero bisogno di favori e protezioni.
Speriamo vivamente che coloro che finora hanno propugnato l’uscita
dall’Euro e la svalutazione prendendo come esempio l’Argentina abbiano la
decenza di cambiare spacciatore prima di aprire di nuovo bocca, dopo che in
varie occasioni moltissimi, compreso il sottoscritto, li avevano invitati a
leggere i dati e non la propaganda. Purtroppo sembra di essere tornati indietro
nel tempo e di parlare della primavera di Praga a coloro che avevano letto solo
la Pravda e, a normalizzazione avvenuta, si erano magari abbonati a Rude Pravo.
Stavolta c’è un po’ di gusto ad affermare “l’avevo detto”, e si spera che
Lorsignori ci mettano meno dei loro canonici 40 anni circa per capire di aver
sbagliato.
Pinocchio, alla fine del capitolo, dopo aver bevuto la
medicina si riprende e alla Fata Turchina che gli chiede perché si fosse fatto
pregare tanto per prenderla, risponde:
"Egli è che noi ragazzi siamo tutti così! Abbiamo più
paura delle medicine che del male."