Parte prima: è tutta
colpa dell’Euro?
Intanto la
premessa: tutto parte dall’idea che l’Euro sia IL problema che ha l’Italia, e
IL motivo per cui non cresciamo, abbiamo la disoccupazione etc. A parte l’ovvia
contraddizione in termini di essere per la decrescita e poi porsi la mancanza
di crescita come problema (ma si sa, noi siamo la ggente etc. etc.) vediamo se
i dati danno credito a questa ipotesi. I grafici sotto sono tratti da dati di
FMI, World Bank ed Eurostat.
Intanto
l’idea di molti è che l’export italiano sia diminuito, sostituito da quello
tedesco.
Poniamoci
per iniziare una domanda: la bilancia commerciale dell’Italia con l’area Euro
come si è mossa? Il grafico è sotto, e dimostra che dal 1993 la bilancia è
stata mediamente positiva, e raramente negativa.
Questa è
stata mediamente negativa praticamente solo durante il picco della crisi del
debito.
Poi ci sono
quelli che dicono (più o meno): l’Italia ha perso esportazioni dato che l’Euro
ha favorito la Germania.
Guardiamo
dunque i grafici delle esportazioni tedesche e di quelle italiana verso l’area
Euro.
Sorpresa:
sono praticamente sovrapponibili. La scala è ribasata al 1989 in quanto la
Germania ha sempre esportato, in termini assoluti, più dell’Italia, essendo il
PIL tedesco più grande di quello italiano. Quando le esportazioni italiane sono
calate, altrettanto e in proporzione praticamente identica hanno fatto quelle
tedesche, e questo è avvenuto al momento della crisi Lehman (2008).
Altri
sostengono che la produttività in Italia sia calata per colpa della
combinazione inflazione/valuta rigida: in altre parole l’Italia, che ha avuto
inflazione più alta della Germania, non potendo svalutare avrebbe perso
competitività. A guardare solo il dato italiano e quello tedesco questa
spiegazione sembrerebbe plausibile.
In realtà,
prima di trarre conclusioni da una serie di dati limitata, serve un campione di
controllo, come sa chiunque abbia studiato una qualsiasi materia scientifica. E
qui casca l’asino. Infatti la Spagna ha avuto nello stesso periodo inflazione
più alta di quella italiana, eppure la produttività spagnola è salita.
Ma
soprattutto ricordiamo che alcuni settori dell’attività economica sono aperti
alla concorrenza degli altri Paesi dell’area Euro; altri sono invece protetti a
livello nazionale. Se l’Euro fosse davvero il colpevole del calo di produttività,
questa dovrebbe necessariamente essere calata di più nei settori ‘aperti’.
Peccato
che, come dimostrato dalla tabella sotto (che riporta la fonte: dati EU KLEMS; dati disponibili e di libero accesso, come tutti quelli visti finora), sia
esattamente il contrario. Questi dati riguardano la TFP o Solow residual,
ovvero la produttività al netto delle componenti lavoro e capitale, che vanno
correttamente escluse.
Prima conclusione (e già definitiva
per le persone ragionevoli): in sostanza quanto sopra smonta abbondantemente la
premessa, rendendo quindi nullo l’argomento di base ed inutile il discorso
sovranista.
Parte seconda:
facciamo conto che quanto sopra non esista, e vediamo l’articolo
Vediamo
però, a questo punto per puro divertimento, alcune considerazioni sull’articolo
stesso.
1-Non è
vero che il ritorno della sovranità monetaria sia l’unico modo per avere una de
facto svalutazione competitiva (v. Gopinath, prof. Di Harvard. http://www.princeton.edu/~itskhoki/papers/FiscalDevaluations.pdf). Inoltre una chicca che a
Lorsignori è sfuggita: il tasso di cambio in un’economia globalizzata,
soprattutto per i Paesi sviluppati, conta sempre di meno, dato che la politica
monetaria della valuta di riserva influenza sempre più quella di tutti gli
altri. Intervento di un’altra che ci capisce, Hélène Rey della LBS
(incidentalmente in UK non è che abbiano per l’Euro un amore viscerale; anche
se Rey è francese vive a Londra da un pezzo): http://www.voxeu.org/article/dilemma-not-trilemma-global-financial-cycle-and-monetary-policy-independence
2-E' almeno
controverso che il coefficiente di pass-through si possa stimare senza tener
conto del livello di debito di partenza. Comunque controllate i precedenti
storici (ma tutti). Una sintesi parziale la trovate qui: http://lettotralerighe.blogspot.it/2012/12/la-stampa-di-moneta-le-bolle.html
3-E' almeno
discutibile che si escluda il periodo degli anni 70 dal computo perché i dati
di inflazione sarebbero dovuti alla crisi petrolifera: è preferibile stimare in
che misura e ricalcolare l’inflazione al netto di tale effetto. Comunque
mancano dati, e in ogni caso resta il problema di cui sopra.
4-Non si
tiene conto che, se è vero che un certo grado d’inflazione aiuta a ripagare il
debito, l’aggiustamento di competitività, anche in sistema di cambi aperti,
richiede inflazione sistematicamente PIU’ BASSA dei partner commerciali,
specialmente dato il contributo di Rey.
5-La perla
finale: prendere come esempio l’Argentina. Non bastasse che contro un tasso
d’inflazione ufficiale intorno al 10% stime indipendenti parlano di un tasso
reale intorno al 25% (ovvero, signori, la crescita reale argentina è NEGATIVA
DI BRUTTO: http://en.mercopress.com/2013/04/12/argentina-inflation-congress-index-for-march-was-1.54-and-24.43-in-last-12-months) c’è anche una letteratura di
minacce ed arresti a chi stimasse il tasso d’inflazione in modo indipendente.
In ogni modo è almeno noto che c’era una multa di circa 120.000 dollari
americani inflitta a chi stimava l’inflazione in modo indipendente.
Perché dico
‘c’era’? Ebbene, per non cadere in accuse da teoria del complotto sappiate, o
attenti analisti dell’economia e della politica internazionale, che nel Maggio
2013 i tribunali argentini hanno finalmente reso illegali le multe del governo
che tanto vi garba (che erano, ricordo, di circa 120.000 dollari americani)
inflitte a chi stimava l’inflazione e non fosse al soldo del governo stesso:
evidentemente i giudici pensano che la presidente argentina e la sua cricca
stiano nascondendo la verità. Tutti al soldo degli USA? (fonte: http://qz.com/84838/argentines-are-now-allowed-to-know-the-real-rate-of-inflation-thanks-to-their-courts/)
In soldoni:
il tasso ufficiale d’inflazione argentino è sottostimato clamorosamente. Il
fatto che la legge argentina fino a poco tempo fa proibisse a chiunque non
facesse parte del Governo di pubblicare dati di inflazione già basterebbe ad
indurre il sospetto.
Infatti, se
il tasso d’inflazione ufficiale fosse vero, com’è che c’è un florido mercato
nero di dollari in Argentina con quotazione ben superiori a quelle ufficiali? E
com’è che il governo sta saccheggiando a man bassa prima i fondi pensione, poi
aziende che aveva venduto ed ha nazionalizzato, e ora le riserve della Banca
Centrale. Se le cose andassero bene, non ce ne sarebbe bisogno.
E’
interessante notare come si dia credito alla propaganda (abbiamo visto che di
questo si tratta) di uno dei regimi più corrotti al mondo (ci sono le
classifiche: tra le altre quelle di transparency international) pur di
continuare ad arrampicarsi sugli specchi.
Infine: la
politica monetaria indipendente per un Paese che ha l’interazione di scambi
internazionali dell’Italia a confronto di uno che ne ha molti di meno è
semplicemente incomparabile (per cui v. Rey).
Seconda
conclusione (e due: repetita iuvant): continuate pure a vestire l’assurdità con
equazioni, ma il senso della supercazzola di cui sopra, ovvero del vostro
discorso, resta: se i soldi mancano, li
stampiamo. Oltretutto questo è essenzialmente
equivalente a dare le chiavi della pressa da stampa ai politici italiani, che
Lorsignori non fanno altro che dire siano i peggiori delinquenti del globo terracqueo.
Interessante.
Parte terza: facciamo
di nuovo conto che quanto sopra non esista, e vediamo la fattibilità di
un’uscita
Anche
ammettendo che l’Euro fosse IL problema (che abbiamo dimostrato non essere) e
che gli argomenti dell’articolo avessero un senso (che abbiamo visto non avere),
un’uscita sarebbe comunque auspicata dagli autori per effettuare una
svalutazione competitiva.
Ebbene in
Italia, non sappiamo se Lorsignori l’avevano notato, ci sono in circolazione
alcuni miliardi di euro. E’ altrettanto chiaro che l’anticipazione sarebbe di
una svalutazione di almeno il 20%. E’ quindi ovvio che ci sarebbero grandissimi
incentivi a mantenere gli euro: infatti questo equivarrebbe ad un guadagno di almeno
il 20% senza rischio. Anticipando un’uscita i risparmiatori (e tutti gli altri)
italiani e non metterebbero in atto una corsa agli sportelli. In Grecia e
Spagna, all’avvisaglia di un’uscita, i depositi bancari sono calati del 25%
circa. Qui sotto il grafico della Grecia. Non mi ricordo da dove l’ho preso, ma
i dati sono della BIS (o BRI).
La sola
ragione per cui il sistema bancario di questi Paesi non è collassato è stata
una massiccia iniezione di liquidità da parte della BCE. Ma se volessimo uscire
per svalutare (ovvero per fregare gli altri) quanto è probabile che la BCE
interverrebbe per evitare il collasso dell’Italia? Mancando il sostegno della
BCE, non resterebbe all’Italia che stampare essa stessa, con effetti inflattivi
ben più gravi di quelli previsti con i coefficienti di pass-through stimati da
Lorsignori. La conseguenza più probabile sarebbe infatti un’iperinflazione.
Naturalmente niente vieta di fare come l’Argentina, ovvero orchestrare una
propaganda che convinca la ggente che l’inflazione sta salendo, ma non troppo.
Questo mentre invece i prezzi salgono, ma si sa: se la TV e soprattutto la Rete
dicono una cosa, questa dev’essere vera.
Inoltre
sarà sfuggito un (altro) dato: i tedeschi stanno effettuando una rivalutazione interna
attraverso l’aumento dei salari. Ecco il grafico (fonte Deutsche Bundesbank, la
Banca Centrale tedesca). Non fanno troppa pubblicità su questo dato perché gli
elettori tedeschi notoriamente non amano molto l’inflazione.
Conclusione finale.
Premesso tutto quanto sopra non
resta che l’ovvia conclusione che si può esprimere con una domanda:
Ma la mattina prendete il latte o vi
attaccate al lanternon* dal vino?
*Nota per i non toscani: in Toscana si dice 'lanternone' il fiasco da due litri e in alcuni casi si usa 'dal' al posto di 'di'
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