Dalla terra di
Luca Pacioli, considerato il padre della Partita Doppia, non può non levarsi un
grido di dolore per ciò che ultimamente si legge ed ascolta in campagna
elettorale. Gli spin doctors di tutto lo spettro politico, con pochissime
eccezioni, paiono infatti intenti a far credere al popolo votante (o più
precisamente votando, dato che ancora non siamo alle elezioni) che Stati
Patrimoniali e Conti Economici siano entità separate e senza connessione
alcuna. Errori che farebbero bocciare un candidato all'esame di Ragioneria di
qualsiasi facoltà di Economia, infatti, vengono presentati come verità
incontrovertibili.
In particolare è
uno strafalcione sulle consistenze del patrimonio dello Stato a far rigirare
nella tomba il povero Fra’ Pacioli (che tra l’altro insegnò anche matematica
all’incomparabile Leonardo). I turlupinatori della pubblica opinione, in stile
tipico politichese, presentano infatti una premessa vera ed una parzialmente
vera, facendo risultare dal sillogismo una conclusione inerentemente errata.
Prima premessa:
ha poco senso rapportare il Debito (grandezza di stock che appartiene allo
Stato Patrimoniale) con il PIL (assimilabile all’Utile di un’azienda, che
invece è un flusso e appartiene al Conto Economico).
Seconda premessa:
se quindi il patrimonio dello Stato (le Attività dello Stato Patrimoniale) sono
sufficientemente superiori al debito (le passività) la situazione è sotto controllo.
Conclusione:
l’Italia non ha un problema di debito.
Peccato che manchi
un pezzo dalla seconda premessa. L’effetto di questa mancanza risulta
tragicamente evidente guardando proprio quanto incidono gli interessi sul
debito pubblico come percentuale delle entrate dello Stato.
Sappiamo bene che
la spesa per interessi sul PIL in Italia è alta. Negli anni 70 copriva circa un
quarto delle entrate. Dopo l’entrata nell’Euro la percentuale è scesa
progressivamente, per arrivare nell’intorno del 10%. La Germania però paga meno
del 6% (dati Banca Mondiale del 2009-10). In
Italia nel 2011 il Governo spendeva circa il 49% del PIL, in Germania il
43.7% (dati dall’Index of Economic Freedom, Heritage Foundation e Wall Street
Journal). La differenza però non tiene conto
del fatto, alquanto noto, che il PIL include una stima dell’economia
sommersa, e che quella italiana è ben superiore a quella tedesca.
Perché dunque
questa differenza di trattamento? Dobbiamo credere ai populisti e concludere che
c’è un complotto dei tedeschi con l’elmo a punta per affossare l’Italia così da
comprarne i pezzi a poco prezzo?
Non proprio. Come
chiunque che sia in possesso di basi decenti di analisi di bilancio non può
ignorare, infatti, situazioni simili a questa esistono in moltissime aziende.
Queste occorrono solitamente quando un’azienda finanzia con debito a breve
termine attività di lungo. Il debito pubblico ha una durata media intorno ai 7 anni, anche se si sta cercando di allungarla.
In sostanza il
pezzo che manca alla seconda premessa è che attività e passività devono avere
durate comparabili: non si finanziano attività a lungo termine con debito a
breve. Inoltre manca un altro pezzo importantissimo: non ci si indebita per
spendere. Se lo Stato avesse seguito la regola di buona gestione familiare
secondo cui non si spende più di quel che si guadagna se non per investire (e
avesse fatto a meno di farlo durante le espansioni) non avremmo i problemi che
abbiamo e Keynes (ma non i keynesiani) sarebbe stato seguito alla lettera.
Va da se’ poi che
per evitare di spendere più di quanto lo Stato incassa, questo ha di fronte due
strade: alzare le entrate o abbassare la spesa.
Dovrebbe essere
chiaro a questo punto che alzare le tasse non è una buona idea, e che è di
molto preferibile abbassare la spesa. Se poi vogliamo un’espansione economica,
questa differenza deve andare a ridurre un fardello di tasse tra i più alti in
assoluto.
Il modo per
abbassare la spesa per interessi è poi realizzare una parte delle attività
dello Stato e dedicare l’incasso al pagamento del debito a breve termine.
Questo, insieme a
non spendere più di quanto si incassa, metterebbero a posto i conti dello Stato
in maniera relativamente rapida e migliore delle alternative in termini di
sacrifici per gli italiani.